Tumori: cellule "migrano" in stormo per generare metastasi
23 gennaio 2015
(AGI) - Milano, 22 gen. - La capacita' delle cellule tumorali di disseminartsi e generare metastasi e' enormemente facilitata quando le cellule migrano aggregate in "stormo", piuttosto che come cellule singole. Queste, in estrema sintesi, le conclusioni di uno studio condotto dall'Ifom (Istituto FIRC di Oncologia Molecolare) e dall'Universita' degli Studi di Milano, pubblicato sulla rivista Current Biology e sostenuto dall'Airc.
Grazie all'utilizzo di un mix di tecnologie all'avanguardia i ricercatori sono riusciti a "tracciare" per la prima volta il loro comportamento e ha dimostrato come le cellule tumorali aggregate in gruppo siano piu' sensibili agli stimoli migratori impartiti dalla chemochina, il loro "carburante" molecolare, e acquisiscano cosi' la capacita' di invadere piu' efficacemente i tessuti, di resistere alla morte cellulare e, alla fine, di raggiungere i linfonodi e colonizzare organi distanti, causando metastasi. La capacita' di aggregazione cellulare e' osservabile in linfomi, ed in leucemie croniche, ma e' tipica anche di tumori solidi come il tumore al seno, il tumore al colon e i melanomi. Capire quindi perche' e come si aggregano e individuare un potenziale fattore disgregante potrebbe contribuire notevolmente all'individuazione di terapie mirate.
"Con una concentrazione bassa di chemochina a ha detto Gema Malet-Engra, prima autrice della ricerca a una cellula B maligna e solitaria non migra, mentre un aggregato di cellule dimostra un'aumentata capacita' migratoria. Se lo stimolo chemiotattico viene intensificato la cellula singola va incontro al fenomeno della migrazione revertita: per eccesso di 'carburante' una volta giunta al linfonodo rimbalza e torna indietro. Al contrario gli aggregati di cellule continuano a muoversi compatti in maniera direzionale". Applicando poi all'osservazione delle cellule migranti parametri fisici analoghi a quelli utilizzati in ambito etologico, i ricercatori hanno costatato che le cellule tumorali presentano delle dinamiche comportamentali e relazionali di fatto identiche a quelle tipiche di tutte le entita' migratorie come gli uccelli o le sardine, che tendono a muoversi in gruppo per confondere l'aggressore. (AGI) .
Nuove tecnologie per la biopsia prostatica
23 gennaio 2015
(AGI) - Roma, 20 gen. - Negli ultimi anni si e' assistito allo sviluppo di nuove e piu' sofisticate tecnologie che stanno cambiando completamente il modo di fare la biopsia prostatica e, di conseguenza, anche i suoi risultati. Questo, in estrema sintesi, il tema del convegno "International challenge conference on MRI and biopsy in the diagnosis of prostate cancer", che si terra' a Roma il 23 e il 24 gennaio, e a cui parteciperanno i maggiori esperti in materia di tutto il mondo.
Il tumore della prostata e' la piu' frequente neoplasia dell'uomo con un'incidenza del 12 per cento. La diagnosi del tumore della prostata si bassa sull'uso di parametri clinici e di laboratori (PSA e simili) ma non puo' prescindere dalla biopsia, ossia dall'esame istologico di frammenti di prostata prelevati con un ago. Oggi, attraverso l'uso di ecografie 3D e software sempre piu' avanzati si e' in grado di simulare, registrare e ricostruire il percorso dell'ago nella ghiandola, evitando cosi' inutili trattamenti, ed assicurando valutazioni sempre piu' precise ed accurate. Nel corso del convegno - organizzato da Paolo Puppo, Direttore Urologia Oncologica e mini-invasiva del Gruppo San Donato-Ist. Beato Matteo Vigevano - gli esperti si confronteranno su queste metodiche, ripercorrendo i passi in avanti compiuti fino ad oggi. (AGI)
Salute delle donne, nuovi approcci terapeutici per la lotta al tumore del seno
9 dicembre 2014
Curare il cancro garantendo la qualità della vita del paziente. Così deve essere la terapia antitumore del futuro e in questa direzione va uno studio dell’Università di Firenze, pubblicato sull’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica Nature Communications(“Steroidal and non-steroidal third-generation aromatase inhibitors induce pain-like symptoms”, DOI: 10.1038/ncomm6736). A firmarlo un gruppo composto prevalentemente da giovani ricercatrici dell’Ateneo fiorentino, che ha individuato la causa dei dolori acuti e dell’infiammazione a cui vanno incontro molte pazienti affette da tumore al seno, durante le terapie che bloccano la formazione degli estrogeni causa della neoplasia. Circa il 40% delle pazienti trattate con inibitori di aromatasi (l’enzima che stimola la produzione degli estrogeni che contribuiscono allo sviluppo del tumore al seno) sviluppa una patologia caratterizzata da dolore muscolo scheletrico e neuropatico, associato a segni di infiammazione e nel 20% delle pazienti tale reazione avversa può causare l’interruzione della terapia antitumorale. Il gruppo del Dipartimento di Scienze della salute dell’Università di Firenze e dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Careggi ha dimostrato che gli inibitori di aromatasi attivano anche il canale neuronale TRPA1, responsabile della trasmissione del dolore. “Gli inibitori di aromatasi sono medicine efficacissime per il trattamento del tumore – spiega Romina Nassini, ricercatrice a tempo determinato e senior author dello studio – ma la particolare struttura chimica permette loro di attivare e sensibilizzare un preciso bersaglio molecolare, il canale TRPA1, sui neuroni dolorifici, così causando dolore e infiammazione.” “Inoltre – prosegue Nassini – se la paziente presenta particolari condizioni di predisposizione a dolore e infiammazione, tra cui in particolare un aumento di stress ossidativo, o altre condizioni proinfiammatorie, le normali concentrazioni di farmaci inibitori di aromatasi sono in grado di attivare pienamente il canale del dolore.” Oltre a comprendere i meccanismi alla base di queste pesanti reazioni avverse, i ricercatori hanno testato con successo in laboratorio l’efficacia di farmaci antagonisti del TRPA1 nel trattamento di questo tipo di dolore. “Che il problema clinico sia grave e molto sentito è confermato anche dagli investimenti che la più importante agenzia americana per la ricerca medica, l’NIH, devolve per gli studi su questo tema – commenta Pierangelo Geppetti, ordinario di Farmacologia Clinica dell’Università di Firenze -. Il nostro approccio terapeutico aprirà la strada al trattamento del dolore da inibitori dell’aromatasi e al miglioramento della salute delle donne che combattono il tumore al seno. Ed è significativo che a raggiungere questo importante risultato sia uno studio fatto principalmente da giovani donne”. Nella foto: alcuni dei ricercatori autori dello studio, da sinistra Camilla Fusi, Romina Nassini, Gloriano Moneti, Silvia Benemei, Serena Materazzi, Ilaria Maddalena Marone, Pierangelo Geppetti, Raquel Tonello. Fonte: Università di Firenze
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